D’après Canova. Omar Galliani, opere 1977-1980

Nella suggestiva cornice del restaurato Palazzo Binelli, nuova sede della Fondazione Cassa di Risparmio di Carrara, la mostra “D’après Canova. L’800 a Carrara. L’Accademia e i suoi maestri”, inaugurata nello scorso giugno, si arricchisce di alcune opere realizzate da Omar Galliani nella seconda metà degli anni Settanta, “dedicate” a Antonio Canova.

La mostra mette così in relazione i ventisette gessi selezionati dalla storica gipsoteca dell’Accademia di Belle Arti di Carrara, realizzati dagli scultori che nell’Ottocento si sono confrontati con il magistero di Antonio Canova, oltre che con quello di Bertel Thorwaldsen (da Benedetto Cacciatori a Pietro Tenerani e Luigi Bienaimè, da Carlo Finelli a Carlo Chelli fino a Ferdinando Pelliccia e Pietro Lazzerini), con i lavori contemporanei di Omar Galliani: il “fil rouge” che connette le opere è il rapporto con il grande scultore neoclassico.

Le opere di Galliani esposte, tra le quali “Inremeabilis error”, “Emanazione”, “Principio individuationis”, rivisitano alcuni particolari delle sculture canoviane, da “Dedalo e Icaro” al “Cenotafio degli Stuart”, al “Monumento funerario per Maria Cristina d’Austria”, all’ “Ercole che saetta i figli”, alla “Venere Italica”, alla “Ballerina con le dita sul mento”.

Riunite per la prima volta nel loro insieme per questa occasione espositiva, offrono la possibilità di cogliere le sfumature e le declinazioni del legame intellettuale e artistico che porta Galliani, partito da un processo di decostruzione dell’opera originale, alla creazione di inedite letture del corpus canoviano. Apre la mostra il ritratto di Letizia Ramolino Bonaparte, l’opera che Antonio Canova dona all’Accademia nel 1810: alle sue spalle l’opera di Galliani, “Inreameabilis error” (1978) presenta il disegno a parete della grande ala canoviana (dall’ala di un angelo del Monumento Funerario a Maria Cristina d’Austria) e al suolo una scaglia di marmo.

Questo rapporto con la storia dell’arte, presente nell’universo poetico di Omar Galliani fin dai suoi esordi, si caratterizza non tanto come citazione stilistica, quanto come interpretazione delle singole opere con cui l’artista dialoga. In questo percorso il disegno si configura come il nucleo centrale attorno a cui si compongono i suoi quadri. Nel doppio itinerario della mostra, l’osservatore si trova così a guardare opere d’arte contemporanea, da cui emergono le voci del passato, inserite nel contesto dei gessi ottocenteschi, ed è questo duplice registro, spaziale e temporale, che arricchisce il suo orizzonte di attesa.

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